Artigianato
Nel meridione d'Italia, il Salento è noto per le sue importanti manifatture artigianali, espresse tuttora secondo i canoni artistici tradizionali. Qui l'artigianato ha origine dall'arte manifatturiera delle materie grezze che la natura ha offerto per secoli, come la pietra, l'argilla, il legno, la canna palustre e il giunco.
Secolare è la lavorazione della pietra leccese. Oggi il lavoro degli scalpellini rinascimentali e barocchi è stato sostituito dai moderni macchinari, ma sul territorio lavorano ancora alcuni maestri artigiani che lavorano la pietra.
Millenaria è, invece, l'antica arte di lavorare la ceramica. In terracotta sono realizzati, oggi come un tempo, alcuni recipienti smaltati per la conservazione degli alimenti, come le capase, o vasi adibiti alla cottura dei legumi, come le pignate. In terracotta sono prodotti anche oggetti per la casa, come fischietti, campanelle e nel periodo natalizio, personaggi per presepi detti pupi. Oltre ai centri di maggiore produzione salentina come Lecce, S. Pietro in Lama e Cutrofiano, nel Capo di Leuca sono assai note le produzioni di Ruffano e Lucugnano di Tricase.
Diffusa in tutto il Salento è l'artigianato del ferro e del rame. Molto pregiati sono i manufatti in ferro battuto (lampadari, candelieri, testate di letti, ecc.). Finissime le balaustre e le ringhiere, che un tempo adornavano i noti balconcini dei palazzi barocchi. Rinomata è anche la lavorazione del rame, con splendide realizzazioni di brocche, caraffe, anfore, caffettiere, oliere e padelle.
In tutto il Salento, ma specialmente nelle zone sud, come il Capo di Leuca, sono assai pregiate le produzioni dell'arte del ricamo. Ricami, merletti e pizzi, rappresentano i maggiori vanti di quello che per secoli è stato il lavoro delle esperte artigiane salentine, secondo una tradizione che si è tramandata nel tempo da madre in figlia. Nell'ultimo secolo questa tipologia di artigianato è venuta meno. Gli antichi telai a pedali in legno d'ulivo, sono memoria di ciò che rimane dell'arte delle filatrici e tessitrici salentine. Oggi, in qualche borgo del Salento, alcune anziane ricamatrici proseguono il lavoro dell'antica arte del ricamo, decorando corredi di grande pregio e realizzando merletti come il chiaccherino, fatto con la spoletta sulle dita, e il il tombolo, realizzato con la nota tecnica di intrecciare i fili intorno ad altri puntati su un disegno, sistemato su un grosso cuscino cilindrico imbottito.
Un altra arte in via di estinzione è quella dei zùcari o zucàri (intrecciatori di corde), e dei panaràri (intrecciatori di giunchi, canne e virgulti d'olivo, per la produzione di cesti e altri tipi di contenitori).
Ma negli ultimi, nel Capo di Leuca, nel piccolo borgo di Acquarica del Capo, è rifiorita l'arte della lavorazione del giunco palustre, detto paleddu. Qui, questo tipo di artigianato, secondo fonti storiche risalirebbe alla seconda metà del XVIII secolo, ma è probabilmente più antico. Tutta la produzione secolare è stata il risultato di un’arte tipicamente femminile dettata dalla creatività individuale delle cestinaie (spurtare). Si realizzavano cestini e in gran parte bussolotti, sporte e saliere. Degni di nota erano i cesti “portafrutta” per il centrotavola le fische o fiscelle, tipici cestini dalla forma cilindrica, che servivano per fare la ricotta e il formaggio. Le borse avevano una svariata tipologia (la cascettedda, una borsetta agile dotata di un coperchio, che spesso i ragazzi regalavano alle fidanzatine, il gettacarte e il panierino “portabottiglie”, la pascara, la borsa fiorentina, ecc.). Nella seconda metà del XIX secolo, i manufatti in giunco acquaricesi facevano bella mostra nei mercati e nelle fiere campionarie d’Europa come all’Esposizione Universale di Vienna, dove conseguirono un ambito premio. Nella prima metà del XX secolo si svilupparono piccoli opifici per iniziativa di alcuni imprenditori locali. I manufatti venivano spediti oltre i confini salentini (Bari, Rimini, Riccione, Milano, Firenze) e all’estero (Inghilterra, Svizzera e oltreoceano in America). Ma negli anni sessanta, con l’industrializzazione di massa e con l’avvento della plastica, la lavorazione del giunco cominciò a subire un lento e graduale declino e la produzione decadde drasticamente. Oggi, grazie all’arte delle poche donne rimaste, quasi tutte anziane, e alle attività di recupero, di preservazione e di valorizzazione che si stanno operando all’interno del paese, si è salvato quanto era rimasto della cultura e delle capacità di lavorazione artigianale del giunco. Da qualche anno, ad Acquarica del Capo, è presente il Museo del Giunco Palustre, unico nel suo genere ed allestito in alcune sale del piano terra di Palazzo Villani.
L’artigianato salentino, nonostante i mutamenti sociali e culturali degli ultimi anni, ha saputo mantenere vive le sue tradizioni e oggi rappresenta una valida realtà produttiva ed economica, grazie anche alla crescita del turismo. Nei piccoli borghi salentini si possono incontrare piccole botteghe e negozi di esperti artigiani che offrono i prodotti dell’artigianato locale.